Babà, che cos’è esattamente? Partiamo dal suono della parola, così importante per i napoletani ai quali interessa sempre anche la musicalità di una frase e di un discorso, meglio se accompagnata da gesti didascalici con le mani e ammiccamenti con gli occhi. Già, una comunicazione a tutto campo con la propria fisicità, tipica delle grandi città di un tempo visitate da genti straniere con le quali commerciare e fare affari, esigenze inutili se invece si era costretti a vivere nei campi o con le pecore o in piccoli borghi e cittadine fuori dalle rotte. Babà ha dunque nel suo suono, la seconda bi appena un po’ raddoppiata ma senza calcare, sicché mai diventa babbà ma non è neanche babà alla francese, uno dei segreti capaci di annunciare il suo successo perché gioca sulla piacevolezza dell’udito e sul successo della memoria: come dimenticare mai qualcosa, un dolce, con questo nome? Le prime due lettere dell’alfabeto, talmente facili da pronunciare che per i greci erano sinonimo dei popoli privi di una lingua costruita, bar bar, barbari appunto.
Certo, in napoletano si scrive babbà, quindi in modo diverso da come si pronuncia, ma è forse la caratteristica principe del dialetto partenopeo, un po’ come l’inglese: per questo è l’unico linguaggio regionale così adatto alla musica, le parole si accorciano e si allungano seguendo le note, si personalizzano facilmente, hanno mille significati a seconda del contesto in cui sono inserite.
I napoletani hanno innumerevoli espressioni in cui il carattere è associato a uno stato fisico più che mentale, tutte ricche di sfumature la cui traduzione in italiano, a volte esportata nel linguaggio corrente nazionale, proprio come la pasta e la pizza a tavola, non rende spesso esattamente l’idea di ciò che in realtà si vuole rappresentare.
Questo vale anche per il cibo, la principale preoccupazione quotidiana con cui Napoli ha dovuto fare i conti dal ’600, quando era già metropoli, a tutto il Dopoguerra, sino agli anni ’60, quando poi le calorie sono state sufficienti alla sopravvivenza fisica senza angoscia. Ecco perchè “si nu’ babbà” detto a una persona indica qualcuno dal carattere dolce, disponibile, oppure bravo nell’eseguire qualcosa di particolarmente difficile, o, ancora, si può usare per ringraziare di un regalo o di un’attenzione. Ma non solo una persona, anche una cosa può essere “nu’ babà”, magari un oggetto particolarmente bello come un’auto sempre funzionante, una macchina fotografica, persino la vista di qualcosa di particolarmente bello.
Nonostante sia il Re delle pasticcerie campane, il babà affonda le sue origini in Polonia.
La sua creazione sembra, infatti, risalire al 1700 circa, grazie al Re di Polonia Stanislao Leszczysky. Era un uomo che aveva ricevuto un’ottima istruzione, e amava circondarsi di filosofi, scienziati e musicisti. Amava leggere e aveva un debole per l’ottima cucina. Purtroppo però, non amava il kugelhupf, un dolce servito ad ogni fine pasto. Così un giorno, stanco di questo dolce simile a un ciambellone, lo tirò contro una bottiglia di rum, dando così origine all’antenato del babà.
Nel corso degli anni è stato poi perfezionato e si è giunti alle versioni che conosciamo oggi, in ogni variante e sfumatura. Babà classico, al limoncello, alla crema, al cacao… Ogni variante è buonissima, golosissima e irresistibile.
Se vuoi mangiare il vero babà a Salerno, da Crema & Cioccolato troverai una grande varietà di scelta: babà al caffè, al rum con il limoncello o, naturalmente, il babà con il gelato!
Inoltre, i vasetti di babà possono essere usate come originali e uniche bomboniere per i tuoi eventi speciali.